Apre la Casa-Museo di Antonio Carena, il maestro che dipingeva i cieli.

Diceva il pittore: “Disinquinarsi dai gusti modaioli”. L’inaugurazione domani, 1 febbraio, a Rivoli .

RIVOLI (TORINO). «Disinquinarsi dai gusti modaioli», «sedurre, non imporre» e «fare il pieno di vuoto». Chissà, forse l’artista Antonio Carena avrebbe usato queste sue frasi dal senso rocambolesco, o forse ne avrebbe inventate di nuove e più pungenti e arzigogolate, per introdurre l’apertura della casa-museo dedicata a lui domani sabato 1 febbraio alle 16,30 in via Rombò 14 a Rivoli. La stessa casa dove Carena ha vissuto e lavorato per decenni.

Un’idea, quella di aprire lo studio del nonno «fingitore di ipercielismo artificiato» come si definiva, è venuta al nipote Nicolò Balocco. Per far conoscere il maestro dei cieli, l’artista che ha portato spicchi di nuvole e di azzurro un po’ ovunque e su supporti un tempo inimmaginabili. Anticipatore di stili e di indirizzi artistici, un passo avanti rispetto a tanti, ma con un’ironia e una modestia senza pari. «Nella sua casa c’erano solo quadri e opere di altri artisti – racconta la figlia Tin -, perché lui era anche un collezionista e poi detestava autoelogiarsi esponendo opere sue. E così abbiamo dovuto toglierli tutti i quadri esposti per far posto a una cinquantina di opere di papà». Opere che spaziano dal 1949 fino a pochi giorni dalla morte nel 2010, e che vanno dall’informale al pop.

Una data che segna

E la data scelta per l’inaugurazione della Casa-museo Antonio Carena non è casuale, ma cade proprio nel decennale dalle sua morte avvenuta il 1 febbraio 2010. «Abbiamo invitato alcuni amici – dice Nicolò -, non più di cinque o sei che interverranno per ricordarlo. Poi si ricorderà anche bevendo un bicchiere di Barbera, perché una bottiglia non mancava mai a casa sua». Un nonno che ha lasciato il segno nel giovane nipote. «Beh, i momenti trascorsi con lui erano unici – racconta -. La differenza si vedeva a occhio nudo con i nonni degli altri: lui era speciale». Così come la sua casa. «Era considerata del futuro negli anni Settanta – aggiunge -, ma in verità lo è ancora oggi».

 

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